L’esposimetro ha lo scopo di quantificare la luce presente nella scena che stiamo inquadrando, suggerendo i parametri corretti da impostare sulla fotocamera oppure regolandola in modo autonomo per ottenere una immagine correttamente esposta.
PERCHÈ SERVE L’ESPOSIMETRO
Sicuramente anche a te è capitato di fotografare una scena con diverse fonti luminose.Il risultato, se non hai una buona fotocamera con un buon esposimetro, è una immagine con delle parti troppo scure ed altre troppo chiare.
Nei casi peggiori si arriva a “bruciare la foto” a causa di un cattivo settaggio manuale. Il termine “bruciare” deriva dall’analogico, ovvero quando si esponeva eccessivamente una pellicola.
UN PO’ DI STORIA
L’esposizione è un tema affascinante perché frutto di complicati anni per i fotografi del tempo.
Agli albori infatti era comune crearsi da soli le lastre fotografiche e i tempi dell’esposizione venivano misurati in minuti, da ciò nascevano prove su prove per capire quale fosse la migliore e saggiare con gli anni la propria esperienza.
Nonostante ci fossero delle tabelle da studiare, erano talmente personali e soggettive da provocare più errori che aiuti.
I fotografi preferivano perciò determinare da soli i parametri da usare, anche perché la luce era un fattore talmente sensibile da non potersi fidare facilmente del parere altrui (un fotografo di Parigi, ad esempio, assisteva a un tipo di illuminazione sicuramente diverso rispetto a un fotografo di Berlino).
L’inizio della standardizzazione avvenne alla fine del XIX secolo, con la creazione dei primi materiali sensibili. I tempi di esposizione passarono quindi da diversi minuti a pochi secondi comportando due conseguenze sostanziali:
- la prima è che c’era bisogno di uno strumento capace di misurare in maniera rapida l’esposizione,
- la seconda era direttamente correlata con la precedente in quanto grazie agli strumenti c’era poco margine di errore.
Si creò quindi la necessità di avere un sistema standardizzato della luce, utilizzabile da qualunque fotografo proveniente dalle parti più disparate della Terra. Ed è così che si passò dai vari standard fino all’attuale ISO.
Quest’ultimo è usato a livello internazionale sia da fotografi analogici che digitali.
IL CONCETTO DI ISO
L’ISO ha portato all’adozione di un sistema da parte dei fotografi ma non ha risolto tutte le problematiche relative all’illuminazione.
Quante volte un settaggio maldestro è stato capace di rovinare una fotografia? Ecco perché ciò ha portato alla creazione (prima) e all’aggiornamento (poi) di uno strumento fondamentale per il fotografo professionista: l’esposimetro.
CHE COS’È L’ESPOSIMETRO?
L’esposimetro è stata una necessità per decenni, quando il digitale non esisteva e l’analogico era tanto complesso quanto costoso e le foto dovevano essere studiate per non sprecare alcun tentativo. Ciò si traduceva in una fase preparatoria allo scatto con l’ausilio di diversi, utilissimi strumenti.
Oggi con l’avvento del digitale è tutto più veloce e intuitivo e questi stessi strumenti sono stati implementati nel settings della fotocamera.
Ma, cosa non scontata, l’utilizzo di tale strumento in maniera esterna (esposimetro esterno) continua ad essere ancora forte per molti fotografi.
Che sia una nota nostalgica per il passato? Un odio per la moderna tecnologia che ha tolto l’appeal dell’analogico o uno strumento utile in determinati contesti?
Cerchiamo, prima di rispondere a queste domande, di capire innanzitutto qual è la differenza tra queste due macchine e i rispettivi esposimetri.
C’è da fare una premessa in quanto esistono due tipi luce: luce riflessa e luce incidente
- La luce riflessa è data dal soggetto e tiene conto solo ed esclusivamente dei suoi parametri
- la luce incidente misura la luce che arriva dalla sorgente e non tiene conto della “riflettenza” del soggetto.
Nel primo caso quindi è il soggetto a dettare le regole causando una sovra o sottoesposizione, specialmente nei casi in cui il soggetto ha lo stesso colore dello sfondo mentre nel secondo caso è l’intensità della luce che illumina il soggetto che detta le regole.
Qui mi concentro sulla luce riflessa visto che non stiamo parlando di esposimetri esterni, ma principalmente di quello interno alle nostre fotocamere.
L’ESPOSIMETRO INTERNO
L’esposimetro delle digitali nominato TTL (through the lens ovvero tramite la lente) è di tipo riflesso in quanto misura la luce riflessa dal soggetto.
La comodità dell’esposimetro digitale nella fotocamera è che è facile, veloce e riesce a interpretare eventuali filtri in grado di modificare il colore percepito dalla fotocamera. Il problema è che tende a rendere grigi sia i bianchi che i neri in quanto usa come scala di riferimento la scala di grigi.
L’esposimetro esterno viene usato molto spesso negli studi professionali perché misura le varie sorgenti luminose e permette al fotografo professionista di determinare i giusti settaggi da utilizzare nella fotocamera per ottenere il risultato voluto.
Viene messo accanto al soggetto puntando l’esposimetro verso la fotocamera e si è vista una cosa del genere anche in qualche backstage dei film, infatti il principio è esattamente lo stesso.
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COME AGISCE L’ESPOSIMETRO?
Attraverso le modalità AV (priorità diaframma) e TV (priorità tempo) si utilizzano semi-automatismi. In poche parole il fotografo immette solo l’apertura del diaframma o il tempo di scatto desiderato e in base a questo l’esposimetro darà in automatico il parametro opposto per bilanciare correttamente la foto.
Infine c’è la modalità manuale, quest’ultima utilizzata da fotografi navigati e professionisti in grado di settare velocemente la macchina, avendo il pieno controllo della scena. L’unico aiuto che arriva dalla macchina fotografica è una sorta di scala (-2,-1,0,+1,+2) che suggerisce il settaggio corretto.
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L’USO DELLA LUCE DEGLI ESPOSIMETRI DELLE REFLEX DIGITALI
Le fotocamere misurano la luce grazie a materiali fotosensibili come solfuro di cadmio, silicio e selenio.
Il primo diminuisce la resistenza elettrica quando esposto alla luce, seppur in modo lento e tendente a risentire delle precedenti misurazioni.
Il silicio che è il più utilizzato dalle fotocamere di nuova generazione ed emette corrente elettrica, stesso meccanismo del selenio che però richiederebbe una grossa area per operare ed è tipico delle antiche macchine fotografiche. Per questo motivo il materiale utilizzato è il silicio.
LE MODALITÀ DI MISURAZIONE
Sono tre le modalità di misurazione della luce dalle reflex digitali: spot, centro, matrix.
SPOT
La misurazione spot misura la luce solo al centro del mirino in un’area limitata e necessita di buona esperienza da parte del fotografo. Lo spot è usato anche da alcuni esposimetri esterni.
CENTRO
La misurazione prevalente al centro misura tutta l’area del mirino utilizzando però due sensori in grado di esaminare centro e lati, con maggior precisione sul primo.
MATRIX
La misurazione matrix misura la luce in tutte le aree del mirino, utilizzando diversi sensori, e con una serie di calcoli matematici è in grado di suggerire il miglior tempo e diaframma. Questa misurazione è sicuramente la più complessa e affidabile.
Puoi approfondire l’argomento leggendo questo articolo dedicato (clicca qui).
QUANDO USARE L’ESPOSIMETRO E QUANDO NO
L’esposimetro interno è uno strumento fondamentale di cui tenere conto ad ogni scatto. La rapidità di controllo e la velocità di utilizzo permette al fotografo di avere un guida costante capace di suggerire la giusta combinazione, specialmente in condizioni luminose difficili o con diversi punti luce.
L’esposimetro esterno invece viene usato:
- in scene con tanti elementi che distraggono l’esposimetro interno impedendogli di formulare la giusta combinazione tempi/diaframma.
- per avere un totale controllo nella gestione delle luci, non facendo affidamento sui vari automatismi della fotocamera.
- per soddisfazione personale o perché si fa uso di una fotocamera vintage priva di esposimetro interno.
Ovviamente il fatto che l’esposimetro cerchi di dare un risultato medio in grado rispettare tutte le gradazioni di colore comporta una distorsione della realtà.
Può capitare infatti di fotografare soggetti scuri o chiari con il risultato di vedere tutto grigio o di un colore totalmente diverso. In questo caso c’è la necessità di sovra o sottoesporre ed è stato proprio questo a creare vere e proprie tecniche fotografiche come il sistema zonale, il bracketing o l’HDR.
- Con il sistema zonale si vanno a esaminare 10 livelli di tonalità, dal nero al bianco. Al maggior numero di visualizzazione di “zone” all’interno di una scena corrispondeva la miglior esposizione possibile per la fotografia.
- Con il backeting si vanno invece a scattare diverse foto, sempre ad uno stesso soggetto, usando diverse esposizioni. L’obiettivo è esaminarle in seguito e scegliere la migliore.
- Con l’HDR invece si ha una sorta di collage di più immagini con diverse esposizioni per esaltare al massimo chiari e scuri ed evitando fastidiosi bianchi bruciati o macchie nerastre.
CONCLUSIONI
Da quanto detto si evince quanto l’esposizione possa essere un risultato matematico o il frutto di combinazioni automatiche ma allo stesso tempo un fattore di cui il fotografo ha pieno potere e libertà di scelta.
In base alle proprie necessità e alla foto finale può essere impostato in maniera personale o standardizzata ma il consiglio di base è nel provare ad utilizzare entrambi gli esposimetri, cercando di carpirne i segreti e imparando a utilizzarli nei vari contesti.
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