In questo articolo propongo un’analisi molto tecnica sul sensore digitale. Questo articolo è stato elaborato da Flavio, un nostro lettore e moderatore del gruppo su Facebook e potrebbe sembrare ai tuoi occhi molto complesso e per questo anche “inutile”, ma io non sono d’accordo.
Ritengo che nella fotografia ogni elemento sia, adottando un punto di vista di Steve Job, un puntino sul percorso della vita che visto da solo non dice nulla ma unito a tutti gli altri può avere un significato.
Come ben sai, il sensore digitale è considerato il cuore della macchina fotografica.
Questo non e altro che un chip a base silicea, contenendo milioni di elementi fotosensibili chiamati disturbo, che convertono la luce raccolta attraverso l’obiettivo in segnali elettrici che poi vengono processati per dare forma all’immagine bidimensionale della scena catturata.
Un sensore e in grado di “vedere” un’immagine soltanto monocromatica. Per ottenere l’immagine a colori vengono applicati dei filtri specifici. Tra I più noti sono il filtro Bayer e il filtro FOVEON ed il più recente X-Trans.
Le specifiche del sensore sono un’importante considerazione quando devi scegliere quale fotocamera acquistare, perché influenzerà direttamente la scelta successiva degli obiettivi, la risoluzione delle immagini catturate e il livello di aberrazione visibile nelle immagini.
PERCHE QUESTA AFFERMAZIONE?
Ebbene perché scegliendo una macchina fotografica con un sensore da 36 Megapixel, per poi montarci sopra un obiettivo di 30 anni fa, e nella maggior parte dei casi pressoché inutile.
La spiegazione in poche parole è che l’obiettivo e stato progettato per la pellicola, quindi un supporto con bassa risoluzione per gli standard odierni, e quindi la sua resistenza alle aberrazioni cromatiche, la sua risoluzione, e persino il rivestimento delle lenti, possono incidere negativamente sull’immagine finale ottenuta con un sensore ultra-denso.
Ma su quest’argomento ti darò più dettagli in un’altro articolo.
I PRINCIPALI SENSORI
In linea di massima esistono due tipi principali di sensori:
- il CCD (Charge Coupled Device)
- il CMOS (Complementary Metal Oxide Semiconductor).
IL SENSORE DIGITALE: CCD VS CMOS
La tecnologia dietro ai sensori digitali CCD e stata sviluppata nei tardi anni ’60, quando gli scienziati dei laboratori Bell stavano sperimentando per creare un nuovo tipo di memoria a semiconduttore da usare per I computer.
Ulteriormente, negli anni ’70, I sensori CCD sono stati incorporati nelle prime videocamere a stato solido.
Una delle differenze fondamentali trai i sensori CCD e CMOS e che i secondi convertono le cariche elettriche di ogni elemento in modo indipendente, mentre I sensori CCD sfruttano un solo amplificatore di uscita.
Questo significa che all’inizio i CCD avevano un netto vantaggio qualitativo rispetto ai CMOS che per i loro intrinseci svantaggi costruttivi non vennero presi in considerazione fino ai tardi anni ‘90.
Oggi le differenze di prestazioni tra i due tipi di sensore sono molto ridotte. Infatti le nuove tecnologie usate per costruire i CMOS hanno fatto che quest’ultimo venga utilizzato nella maggior parte dei dispositivi digitali per l’acquisizione immagini.
Canon e stato il primo produttore a introdurre i sensori CMOS sulle fotocamere DSLR con la Canon EOS D30 prodotta nel 2000.
VANTAGGI E SVANTAGGI DEI PRINCIPALI TIPI DI SENSORE DIGITALE:
CCD — Vantaggi
- superiore gamma dinamica
- livello del rumore digitale molto basso
- elevata efficienza
- fattore di riempimento elevato
- tecnologia più matura (quasi raggiunto dal CMOS)
CMOS — Vantaggi
- superiore livello di integrazione dei diversi componenti sul chip, che porta a una semplificazione dell’elettronica della macchina fotografica/videocamera
- minor consumo elettrico
- inferiori costi di produzione
CCD — Svantaggi
- superiore consumo di energia elettrica
- nessuna integrazione sul chip
CMOS — Svantaggi
- la qualità delle immagini soffre di superiori livelli di rumore a causa dell’eccessiva integrazione all’interno dell’area di cattura della luce
- minor rapporto di riempimento ed efficienza
Sicuramente ti sarai chiesto se esiste più un tipo di sensore digitale. La risposta e SI! Prendiamoli in ordine:
IL SENSORE DIGITALE FOVEON
Questo era costruito con tecnologia CMOS sfruttando una modifica ingegneristica a tre livelli sovrapposti per catturare la luce rossa, verde e blu per ogni singolo pixel.
Praticamente sopra il sensore vengono sovrapposte, tre lastre colorate, rossa, verde e blu.
Il sensore FOVEON vene utilizzato dalle DSLR Sigma. Qui sotto trovi una serie di link delle
Sigma con sensore Foveon: https://amzn.to/2rcaIXB
IL SENSORE DIGITALE “SUPER CCD”
Questo e un derivato del sensore CCD e fu sviluppato da Fujifilm nel ’99. La particolarità di questo sensore sono I suoi pixel ottagonali disposti in una struttura a nido d’ape. Questa disposizione aumenta la sensibilità, perché I fotorecettori sono più larghi.
La distanza tra I pixel di un sensore Super CCD è minore rispetto a un normale CCD. La campionatura di questo sensore è simile al occhio umano, ovvero è più sensibile verticalmente ed orizzontalmente, che diagonalmente.
Per produrre un’immagine che possa venire manipolata su PC o stampata, le informazioni catturate dai pixel ottagonali del sensore FUJI Super CCD, vengono riordinate in una griglia a pixel quadrati.
IL SENSORE DIGITITALE “CMOS BACK ILLUMINATED”
Sempre nella categoria dei sensori digitali entra anche il sensore Exmoor-R lanciato da Sony nel 2009, che e un sensore CMOS Back Illuminated.
Questo tipo di sensore e stato sviluppato da OmniVision Technologies nel 2007, non adottato subito dalle case produttrici per via della complessità costruttiva e dei costi di produzione esorbitanti.
La tecnologia dei sensori back-illuminated è quella usata da molto tempo nelle applicazioni specialistiche, come quelle astronomiche per esempio.
In un sensore tradizionale, la matrice delle interconnessioni elettriche è posta sopra al silicio fotosensibile, durante la fase di fabbricazione. Quindi, fotografando una scena, la luce proveniente dalle micro lenti deve passare attraverso questa specie di “tunnel” metallico per giungere al rivelatore fotoelettrico.
Questa tecnologia qui descritta e tradizionalmente usata nella costruzione dei sensori CCD e CMOS, viene conosciuta come FSI (Front Side Illumination).
Per chi ha un po di dimestichezza con la fisica e naturale pensare che parte dei fotoni che attraversano il “tunnel” metallico verranno assorbiti da quest’ultimo e non raggiungeranno mai il rilevatore fotoelettrico.
Con il continuo aumento del numero di pixel — e di conseguenza la diminuzione della loro dimensione e della dimensione di questi tunnel di passaggio — la quantità di luce che raggiunge il foto-diodo continua a decrescere, peggiorando la qualità degli scatti in condizioni di luce scarsa.
Nei sensori BACK ILLUMINATED, questa matrice di interconnessioni metalliche è posta sul retro dello strato fotosensibile.
In questo modo la luce raggiunge il rilevatore fotoelettrico immediatamente non essendo più costretta ad attraversare il “tunnel” metallico.
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IL SENSORE DIGITITALE “LIVE MOS”
Questi sensori sono costruiti con la tecnologia CMOS, e vantano di offrire un livello qualitativo pari ai sensori CCD con il minor consumo ritrovato nei sensori CMOS.
Tra i produttori che utilizzano la tecnologia Live MOS, si trovano Olympus, Panasonic e Leica, che dal 2006 utilizzano I sensori di questo tipo.
COME SI OTTENGONO I COLORI DA UN SENSORE DIGITALE?
Tutti i sensori descritti in precedenza, sono essenzialmente monocromatici dato che rispondono a qualunque lunghezza d’onda compresa nel loro campo d’azione. Questo problema e stato risolto usando dei filtri colorati.
Il metodo più ovvio e quello di usare un filtro per ogni colore, uno per il verde, uno per il blu ed uno per il rosso.
Questa tecnica pero è costosa e porterebbe alla necessità di utilizzare 3 sensori distinti e si ritrova solo nelle videocamere professionali.
Le fotocamere digitali implementano una soluzione più economica, che prevede la costruzione di un filtro a matrice colorata (CFA — color filter array), posta direttamente sopra la griglia dei foto-diodi del sensore. In questo modo ogni pixel del sensore viene coperto da un filtro di un solo colore.
Il filtro colorato una volta raggiunto dalla luce lascerà passare solo la lunghezza d’onda specifica del suo colore, assorbendo le altre.
SCHEMA BAYER
L’immagine prodotta usando questo tipo di filtro assomiglia a un mosaico di punti rossi, verdi e blu. Il tipo di griglia CFA più utilizzato nella fotografia digitale e quello con lo schema BAYER introdotto da Eastman Kodak nel lontano ormai 1976.
La configurazione Bayer, prevede un numero di filtri verdi almeno il doppio rispetto a quelli rossi e blu messi insieme.
Questo tipo di filtro e adatto alla fotografia digitale perché riproduce fedelmente I colori e garantisce un miglior rapporto segnale/rumore.
SCHEMA TRUESENSE
Un’altro tipo di filtro e stato introdotto nel 2007 dalla Eastman Kodak. Il KODAK TRUESENSE! Questo filtro, alternativo all filtro Bayer, prevede di inserire nella griglia, dei pixel privi di filtro. Pixel PANCROMATICI.
Questi pixel sono sensibili a tutte le lunghezze d’onda ottenendo cosi una migliore sensibilità alla luce.
Il più diffuso filtro che sfrutta questa tecnologia, presenta metà dei pixel pancromatici, un quarto verdi, il resto tra I blu e rossi essendone divisi equamente.
Lo svantaggio di questo filtro sta nella risoluzione del colore che e inferiore allo schema Bayer.
COME AUMENTARE IL FATTORE DI RIEMPIMENTO?
Nella presentazione dei vantaggi e svantaggi del sensore CMOS, parlavamo dello scarso fattore di riempimento dello stesso.
Il fattore di riempimento e la capacita di raccogliere la luce proiettata sul foto-diodo. Questo basso fattore di riempimento e dovuto alle parti elettroniche presenti sulla superficie del sensore.
I produttori, per compensare questo svantaggio presente anche nel sensore CCD ma in misura minore, hanno deciso di inserire delle micro-lenti di fronte ad ogni foto-diodo (pixel).
Queste micro-lenti sono fatte di resine plastiche posizionate di fronte alla superficie del filtro colorato, che dopo la cottura del silicio assumono una forma cupoliforme.
Le micro-lenti concentrano la luce incidente che altrimenti non raggiunge la parte sensibile del foto-diodo. Usando questa tecnologia, i produttori sono riusciti ad aumentare il fattore di riempimento dal 40–50% al 70%.
In questo modo I produttori sono riusciti a migliorare la sensibilità del pixel, ma non la sua capacita di contenimento delle cariche.
Uno svantaggio di queste micro-lenti, e che usando un obiettivo grandangolare, non progettato per le fotocamere digitali, con un diaframma molto aperto, la luce cade sul sensore con un’angolazione troppo obliqua e crea dei disturbi.
Se la luce viene riflessa nei fotositi adiacenti, può creare la cosiddetta “frangia viola”.
MA IL RUMORE DIGITALE DA DOVE ARRIVA?
Siamo quasi alla fine, e sembra ci siamo dimenticato un problema che affligge tutti I fotografi. Il RUMORE o DISTURBO DIGITALE!
Questo appare come dei pixel di luminosità o colore inappropriati in posizioni casuali al interno del immagine. In alcuni casi, questo si presenta sotto forma di puntini bianchi, ed è descritto come equivalente alla grana della pellicola.
Nei casi peggiori, assume variazioni di colore, diventando un vero problema per il processore della fotocamera anche in fase di post produzione.
Il disturbo digitale e legato oltre ai vari aspetti, tipo lunghe esposizioni, o riscaldamento del sensore, anche alle dimensioni di quest’ultimo ed implicitamente alle dimensioni dei suoi pixel.
LA QUESTIONE SULLE DIMENSIONI DEI PIXEL
A parità di numero di foto-siti presenti sulla sua superficie:
- un sensore con dimensioni più grandi avrà I pixel più grandi.
- questi potranno raccogliere più fotoni rispetto ai pixel di un sensore più piccolo, e di conseguenza nelle stesse condizioni di illuminazione il segnale di uscita avrà meno bisogno di amplificazione.
- logicamente nei pixel più piccoli, meno fotoni raggiungeranno il rivelatore fotoelettrico, e di conseguenza il segnale di uscita dovrà subire amplificazioni più forte.
In poche parole più il pixel sarà piccolo, minore sarà la sua sensibilità alla luce e inferiore sarà la capacita del suo pozzo di raccolta.
Quindi i pixel più piccoli sono meno efficienti a raccogliere I fotoni e questo porta a dover usare un livello di amplificazione maggiore rispetto ai pixel con dimensioni più grandi.
Maggiore sarà il livello di amplificazione, maggiore sarà anche il livello del disturbo digitale.
Nel mondo delle reflex (e non solo), la sensibilità del sensore viene aumentata o diminuita attraverso gli ISO.
- Minore è il valore, minore sarà anche il rumore.
- Maggiore il valore ISO, maggiore sarà anche il disturbo.
Tutti I difetti diventano evidenti in condizioni di scarsa luce, quando la sensibilità deve essere aumentata, ad esempio ISO 800, ISO 1600, ISO3200. A quel punto il disturbo digitale diventa problematico.
LA GAMMA DINAMICA
Il livello di amplificazione maggiore, significa anche la riduzione della gamma dinamica, dato che I foto-siti raggiungeranno la saturazione più rapidamente e cosi viene intaccata anche la capacita risolutiva dei pixel.
E naturale pensare, “ma come fa ad essere cosi pulita una foto a ISO 1600?”.
Le macchine fotografiche digitali, utilizzano dei algoritmi matematici per eliminare il disturbo digitale dovuto a ISO alti o ad esposizioni lunghe.
Durante questo processo viene eliminato sia il disturbo digitale cromatico che si presenta sotto forma di macchie di un colore diverso rispetto alla zona dove si trovano, o di luminanza che si presenta sotto forma di pixel bianchi, molto simile alla grana della pellicola.
TUTTO QUESTO HA UN PREZZO DA PAGARE PERÒ
Nel momento in cui viene effettuata la riduzione del rumore, l’immagine subisce un calo di qualità — limitato o decisamente evidente — in base al valore ISO impostato sulla macchina.
Più la sensibilità è alta e più rumore digitale troverai nei tuoi scatti.
Di conseguenza la macchina fotografica applicherà un intervento di rimozione rumore più forte a ISO 1600 che a ISO 100, tutto a discapito del micro dettaglio dell’immagine.
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